Blog Novel – 17° puntata
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Arrivate in una zona pianeggiante del bosco, si formò un cerchio di donne, tappetini e teli. Ognuna si coprì opportunamente perché l’ombra ormai incipiente lentamente si lasciava assorbire da corpi e tessuti.
Qui ebbe inizio la fase del life coaching dedicata alla relazione e alla condivisione.
Ognuna delle partecipanti fu invitata a raccontare il progetto che aveva intenzione di concretizzare tramite il ciclo di quattro seminari, e le risorse e le competenze da esso stimolate ad attivarsi e allenarsi. C’erano tanti corsi di formazione in giro, ma queste donne avevano scelto di spendere mezza estate per partecipare esattamente a questo. Per loro era importante!
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Maria sollecitò le donne a riferirsi il più possibile a contenuti concreti e chiaramente comunicabili al gruppo. Disse loro che, anche se volevano parlare di elementi interiori, dai confini sfumati e difficilmente definibili, per dare una forma concreta ai propri sogni dovevano sforzarsi di usare parole palpabili per tutte. E sottolineare quale fosse il corrispettivo sociale del ruolo che desideravano creare.
Per esempio, se si stava sperimentando l’archetipo della madre, il compito consisteva nel dire come esso stesse prendendo forma, materialmente, nella propria routine.
Trascorrendo la maggior parte del tempo a prendersi cura delle persone (parenti, anziani di una comunità, alcolisti, etc.)?
Passando le giornate con i propri figli o con degli altri bambini?
Dedicando ore, ogni giorno, a cucinare per qualcuno?
In questo modo, per tutte le donne presenti, risultava facile comprendere qual era la circostanza reale e quotidiana in cui le compagne di viaggio si stavano muovendo. Qual era la realtà di base da cui ognuna di esse partiva e con cui era chiamata a confrontarsi.
Così si potevano creare empatia, comunicazione e collaborazione.
Mentre una parlava, inoltre, coloro che ascoltavano dovevano fare anche un altro esercizio di life coaching: appuntarsi un’abilità e un limite di se stesse che scorgevano riflessi in colei che si stava raccontando.
Progetti e vite di donne
Kore
Kore presentò se stessa come una studiosa di sciamanesimo e un’aspirante scrittrice.
Disse che nella sua vita, ciclicamente, tornavano a presentarsi due particolari temi, che ne disegnavano i contorni e l’identità: l’antropologia e la figura del minatore. Aggiunse, infine, che il suo obiettivo primario, al momento, era trovare il modo di muoversi nel nuovo territorio in cui sentiva di essere appena giunta – nuovamente single dopo cinque anni, madre di una bambina di due anni e a casa da sola con lei, invece che con le sette altre persone con cui si era abituata a vivere. La sua priorità era assicurarsi l’autonomia economica ed emotiva, onde poter garantire il giusto nutrimento a se stessa e a sua figlia.
Grazia
Grazia si descrisse con un’immagine: un melograno gravido di semi rossi, talmente pieno da essere sul punto di esplodere. Il rosso dei semi per lei rappresentava le emozioni e la sessualità, ed era proprio questa la principale sfera che Grazia si stava prefiggendo di esprimere, a cui sentiva il bisogno e il desiderio di dare spazio, in particolare attraverso l’arte e la fotografia, le sue passioni: voleva dedicarsi a dei progetti artistici e alla fotografia, per trasformare le proprie emozioni e pulsioni in risorse benefiche e preziose.
Diana
Diana si vedeva al culmine della propria esperienza di madre in armonia con la vita naturale; aveva una percezione di se stessa come “terra che nutre”. In una certa misura ne era felice, ma in parte voleva anche riconquistare dei propri spazi personali, sia lavorativi sia amicali, per ricostruirsi una dimensione privata in cui poter coltivare la propria indipendenza e potersi sentire gratificata anche al di là di ciò che faceva per le persone care.
Vestia
Vestia aveva un’immagine di sé come di un albero da frutta, e per la precisione un melo troppo carico; sentiva il peso eccessivo, e sebbene si trattasse di mele buone e dolci, aveva la chiara intuizione di doversi ridimensionare, di dover escludere qualcosa o qualcuno, tagliare, rinunciare a delle attività che, per quanto interessanti e stimolanti, stavano rischiando di schiacciarla sotto impegni e responsabilità. Era determinata a perseguire l’obiettivo di una vita naturale, umana e sostenibile, da tutti i punti i vista.
Juno
Juno si vedeva come un tronco nel letto di un fiume, un tronco che poteva lasciarsi andare alla corrente e correre e fluire, mentre invece stava spendendo moltissime energie per resistere, frenarsi ed evitare di cambiare vita. Raccontava di essere contenta delle decisioni prese in passato (il ritorno alla natura, la dedizione all’artigianato e la vita comunitaria), ma in questo periodo aveva anche un’altra meta: riscoprire la propria individualità e reinventare una vita personale che, allo stesso tempo, risultasse utile per il gruppo e in armonia con quella che, di fatto, era diventata la sua nuova famiglia.
Ilaria Cusano
PS. In questo sito trovi le mie attività dei primi 7 anni da Coach online (e imprenditrice digitale) – dal 2015 al 2021. Tutte le più nuove e performanti create a partire da fine 2021, invece, sono nel nuovo sito: www.ilariacusanoacademy.com Ci vediamo di là!