Blog Novel – 44ª puntata
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A questo genere di percezione, di senso di appartenenza e di cittadinanza, è necessario educarsi. E bisogna farlo in modo indipendente e con un ampio uso della propria volontà personale.
L’ambiente in cui viviamo non è in grado di formarci in questo. Non è portatore di tali sensibilità e competenze.
Lo potrà essere in futuro, nella misura in cui ognuno di noi si spenderà perché ciò accada. Ma per adesso le famiglie, le scuole, i gruppi di amici, le associazioni, le aziende, i media e le istituzioni in linea di massima non trasmettono questo genere di messaggi, né tanto meno di coscienza.
Nell’ultima associazione che Maria gestì, durante l’assemblea dei soci veniva organizzato un servizio di facilitazione della comunicazione. Uno strumento formidabile in termini sia umani sia produttivi, ma che purtroppo viene utilizzato da pochissime realtà. Vere e proprie mosche bianche in un territorio di individui che a mala pena ne hanno sentito parlare.
Questo vale per molte altre tecniche, che o non vengono né conosciute e proposte, né tanto meno usate e valorizzate. Spesso capita che vengano usate solo per cavalcare un trend, come quello di accaparrarsi una fetta dei mitici fondi europei. Ossia per degli scopi fondamentalmente sbagliati: per manipolare e strumentalizzare, invece che per auto-educarsi. Il che, di nuovo, è indice di un basso livello di coscienza, e di certo non può creare né risultati né sviluppo.
L’insegnamento del seminario sulla cooperazione
Durante il terzo seminario del gruppo di donne, era emersa una importantissima verità. La cooperazione ha bisogno di tempo, di relazioni vere, di scambi reali, di una profonda condivisione di intenti, di un sentire radicato. Di una coscienza di base e di formazione, una formazione che prima di essere rivolta ad altri deve essere sempre rivolta a se stessi.
Sii il cambiamento che tu vuoi vedere nel mondo
diceva Gandhi. Abbiamo ancora moltissimo da imparare da questo.
Ciò che a Maria premeva comunicare al gruppo di donne era un messaggio: «Se sentite una comunione di base – perché in verità l’alleanza tra le anime ha origine in un luogo assai antico e ancestrale – attivatevi. Tenetevi in contatto, mantenete vivi i vostri scambi, incontratevi, telefonatevi. Scrivetevi, chattate, ma alimentate la relazione. Mettete energia e concretezza nei rapporti che vi nutrono, stimolano e ispirano. A volte basta anche solo un piccolo soffio per mantenere vivo un fuoco che ha braci a sufficienza sotto. Ma quel soffio va prodotto, indirizzato e scelto.
[inlinetweet prefix=”” tweeter=”via @IlariaCusano” suffix=””]Nulla può entrare nel nostro spazio se noi non lo permettiamo[/inlinetweet], neanche i rapporti e le collaborazioni che ci entusiasmano».
Come diceva Gaber, libertà è partecipazione
Al termine della terza giornata, il gruppo fece un giro di comunicazione con il bastone della parola – uno strumento che consente a ognuno di poter parlare senza interruzioni, commenti e sovrapposizioni da parte degli altri: le partecipanti furono invitate a condividere con il gruppo ciò che nella loro vita aveva valore.
Ecco ciò che venne a galla di comune a tutte:
– la sensibilità;
– il rapporto con la natura e il rispetto della sua ciclicità;
– il benessere fisico, psichico e spirituale;
– l’accettazione dell’ombra, intesa come alcuni ambiti particolari della vita: l’aspetto materiale, le crisi, il confronto con la diversità, il vuoto, il ristagno e il silenzio.
Diversi valori in comune, quindi!
Ora andavano coltivati, e questa era una precisa responsabilità delle partecipanti, una decisione che solo loro potevano prendere e portare avanti con il libero arbitrio; Maria aveva messo a disposizione risorse e strumenti, ma questo non era un suo campo di pertinenza, era il momento di lasciar andare e di riprendere le redini dell’unico suo impegno: portare a conclusione il percorso formativo indirizzandolo verso l’ultimo seminario, quello sulla leadership condivisa.
Ilaria Cusano
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