Archetipi e maschere
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Gli archetipi sono delle figure che hanno acquisito una certa notorietà a partire dal lavoro di C. G. Jung. Da lì molti, in ambito psicologico da un lato e spirituale dall’altro, hanno iniziato a parlarne, scriverne, farvi riferimento per dei processi di crescita personale. Personalmente vengo più dal mondo del teatro che da quello della psicologia, e trovo che il lavoro con gli archetipi abbia molte cose in comune con il lavoro sulle maschere.
Le maschere sono tante cose:
- personaggi dietro cui ci si nasconde, per non far vedere agli altri chi siamo veramente.
- Ruoli che dobbiamo recitare perché una determinata etichetta ce lo impone, per esempio sul lavoro.
- Funzioni che ci permettono di appartenere: in quel gruppo serve qualcuno che svolga quel compito, se io posso farlo posso anche appartenere al gruppo.
- Trucchi e illusioni che ci fanno fare un viaggio in una parte della nostra identità e della vita che ancora non conosciamo, per far emergere da noi qualcosa di nuovo, dal profondo.
Quale archetipo sei
Quale archetipo sei non lo decidi tu; devi osservarlo e scoprirlo nelle dinamiche sociali, per l’appunto. In questo modo, però, risulta abbastanza facile, avendo un minimo di riferimenti culturali, riconoscersi.
Sei quella che si prende sempre cura di tutti? Bene, sei la madre. Grazie a te la gente di diverte, si rallegra e se la spassa? Sei l’eterno bambino. Sei quello che fa sì che gli altri si rendano conto di come stanno veramente le cose, dei propri errori e di qual è la cosa giusta da fare? Ok, fai la parte del saggio. E via dicendo.
Ci sono anche classificazioni un po’ più raffinate, degli archetipi. Per esempio, se stai impersonando l’archetipo della prostituta, puoi fare più la parte della troia nel senso di stronza, egoista, senza nessun valore né pudore; oppure quella di colei che mercifica il corpo proprio e/o di altre (maitresse); o ancora, in versione più mistica, puoi fare la vestale, la devadasi o la geisha.
A seconda dei tuoi riferimenti culturali utilizzerai certe simbologie o altre, per individuare l’archetipo che ti caratterizza in un dato momento. Ma di certo si tratterà anzitutto di una parte che stai recitando nel mondo sociale, nella realtà di gruppo.
In questo senso, la vita relazionale può essere assai illuminante: ti mette in una determinata condizione in cui magari non ti fa neanche piacere stare, in fondo. Ma in quel modo ti fa fare un’esperienza ben precisa. Devi fare la cameriera? Ti ci troverai per forza, a imparare a servire, a prendere questa abitudine, a farla tua. Ed evidentemente era proprio quella la lezione che dovevi apprendere, come anima, per andare un po’ di più verso quel luogo misterioso ma comunque chiaro verso cui in questa vita devi andare.
La prima lezione per riuscire a trarre potere dagli archetipi, quindi, è questa:
Accetta i ruoli in cui la vita sociale ti mette e riconoscili come un dono di Dio per te, come l’esperienza che come anima hai bisogno di fare, per ricevere la lezione di cui profondamente hai bisogno.
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Come trarre potere dall’esperienza degli archetipi
Il problema, con le maschere, è che ti possono rimanere incollate alla faccia. Te le devi mettere per forza, per un certo periodo, ma se poi ti ci identifichi, se non riesci a scollartele dal viso, diventano la tua gabbia e condanna; una vera e propria prigione spirituale dentro alla quale ti dimentichi chi sei veramente e ti perdi. Succede spesso con i ruoli lavorativi, per esempio, ma anche con quelli di madre e di padre, se ci fai caso.
Se nella tua famiglia eri la ribelle, non vuol dire che devi fare la ribelle sempre e dovunque! Nella coppia, nei gruppi: pecore nere, vittime, sottomessi. Sono solo alcuni degli esempi di maschere in cui moltissime persone rimangono incastrate. In questo modo non solo non puoi trarre potere dagli archetipi, ma saranno loro che ti ruberanno potere, bloccandolo in un “abito” che, di per sé, non può fare assolutamente niente nella vita e nel mondo. Non può lasciare nessuna impronta né cambiare alcunché, perché non è niente: è vuoto, inanimato, senza sostanza.
La soluzione consiste nel rimanere connessi alla propria identità in quanto anime.
Non siamo esseri umani che stanno facendo un’esperienza spirituale; siamo esseri spirituali che stanno facendo un’esperienza umana. (Yogi Bhajan)
E’ questo il punto: mantenere sempre salda e profonda la percezione del fatto che la radice dell’identità personale è l’anima. E che, qualsiasi vestito questa possa indossare temporaneamente, sarà sempre e solo un’effimera esperienza transitoria. Perché l’unica verità che conta, l’unico lato di noi che esiste davvero e che ha il potere di lasciare un’impronta e di fare la differenza nel mondo è l’anima. Tutto il resto è solo un suo strumento; archetipi compresi.
Ilaria Cusano
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